L’uomo che viene chiamato a portare la croce con Gesù lo fa perchè obbligato, senza slancio, senza un apparente moto d’amore, ma è stato importante lo stesso per l’aiuto dato ad un’altra persona in un momento di difficoltà. Da questo fatto suggerisco tre riflessioni.

  1. Che dobbiamo saper apprezzare l’impegno e il ruolo di tutte le persone, anche quando queste ci possono sembrare inutili o non motivate, saper valorizzare l’operato di chi sembra non mettere entusiasmo nelle azioni che compie. Tutto può servire nel disegno di salvezza e non compete a noi giudicare i gesti dei tanti Cirenei di oggi, obbligati a portare croci, quali le incomprensioni fra le generazioni, la mancanza di lavoro o le difficoltà del lavoro, la solitudine, le povertà materiali e spirituali, le innovazioni che disorientano e preoccupano, il venir meno di certezze.
  2. Che noi non dobbiamo sottrarci dall’assunzione di responsabilità anche quando questo ci può costare fatica, non ne capiamo il motivo, o non ci appassiona. È l’obbedienza che ci è stata insegnata da don Pietro e che ha rappresentato una delle sue virtù e dei suoi meriti. È il farsi servi inutili, sapendo che il nostro impegno è tanto più efficace quanto più ci costa e richiede sacrificio.
  3. Che in questo fine millennio, in cui la Chiesa Italiana e Diocesana cerca, attraverso a quello che è stato definito progetto culturale, di annunciare Cristo in modo più efficace e adatto ai tempi, dobbiamo singolarmente e come comunità chiederci cosa vuol dire sentirci obbligati a portare la croce nella nostra epoca sempre più secolarizzata, indiffernte e interessata al guadagno e al benessare più sfrenati. Oggi, in questa Italia, ciò vuol dire essere vicino alle persone, caricarsi dei loro problemi, rendersi disponibili a cambiare la società in modo gratuito, non pensando ad eventuali vantaggi, non ricercando riconoscenza e ringraziamenti. Tutto ciò lo riteniamo un inutile peso da portare o sapremo sentire questo momento storico come una opportunità? Il Paese ha bisogno di ritrovare le ragioni del proprio stare insieme, ha bisogno di rivalutare la propria tradizione culturale, ha bisogno di rinnovarsi senza penalizzare i più deboli, ha bisogno di riscoprire e rivalutare la Verità. I credenti, il laicato non possono stare ai margini. Devono sentirsi coinvolti; per molti può essere una difficoltà, ma sappiamo che con noi lavora lo Spirito Santo.

Carlo

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